Profonde emozioni: la pesca secondo Massimo Sanna - www.ambermax.it
n°1: profonde emozioni
Copertina Massimo Sanna con denticeIl Vertical Jigging si prospetta, fra le varianti dello spinning in mare, come la specialità che più di ogni altra consente di puntare, in modo mirato, alla cattura di prede qualificate e non solo per le dimensioni. La particolare azione in verticale dei jig metallici, riesce a scatenare l'attacco, non solo da parte dei predatori per eccellenza, ma anche di quelli occasionali come la maggior parte degli sparidi. L'attacco sempre violento ed il combattimento in verticale, senza l'ausilio del motore, con pesci che tendono a portarsi sul fondo per intanarsi o recidere il terminale, trasmette emozioni uniche..."profonde".


Premetto che di vertical jigging non sono un esperto, sono piuttosto un contagiato. Questo sistema di pesca ha infatti le caratteristiche della malattia infettiva con sintomatologia neurologica: comportamento maniacale, allucinazioni, disturbi del sonno, percezione alterata della realtà... Quello che mi propongo quindi non è di parlarvi del VJ dal punto di vista tecnico, ma di raccontarvi come io sia rimasto vittima del contagio (il cui germe mi è stato inoculato da Caranx e dagli amici di Seaspin che ringrazio di cuore) e come questo abbia colpito anche la mia famiglia ... Tutto cominciò alcuni anni fa, ...i primi metal jigs...va beh;... così è presa un po' troppo alla lontana... Cominciamo dalla sera precedente l'aggravarsi della malattia, quando Marco mi telefona dopo tanto tempo è mi chiede: allora, questo vertical jigging? Mentre chiacchiero, spiego, racconto, illustro, teorizzo... mi rendo conto che da tre anni teorizzo molto e pratico poco; non ho ancora veramente cominciato a pescare seriamente a VJ; si, ho fatto qualche prova sporadica, sono andato a cercare nuove secche, più profonde di quelle dove abitualmente traino, ho impegnato "interi quarti d'ora nelle prove", ho acchiappato tracine surelli sgombri barracuda ecc..., la vita è breve, le ferie ancor di più, insomma, non ho insistito come si deve.

L'USCITA

L'indomani esco: solito schema per la traina col vivo; mentre sistemo le attrezzature ed installo gli strumenti subito fuori dall'approdo traino alle aguglie; nulla; sulla strada mi fermo a jiggare ai surelli col sabiki e un jig al posto del piombo, accoppiata micidiale e sempre foriera di liete sorprese, nulla, strano; ancora ad aguglie; nulla; in tutto questo tempo una vocina suadente, istigata dalla telefonata della sera precedente, mi ripete come una litania: jig jig jig ...Va bene, è segno del destino, proverò su quella cigliata che ho scoperto, che da -68 scende a -72, non un gran che, finora nient'altro che piccoli pelagici, ma se non prendo nulla la giro a sabiki, imbarco un paio di surelli e torno a traina. Sulla strada passo su uno dei punti buoni dove traino di solito; il fondo interessante non supera i 40-45 metri, poi il fango; ma ci sono un po' di gabbiani in attesa che mi stimolano il sesto senso alieutico... non mi costa niente fermarmi per un sondaggio. L'eco segna come al solito il pesce, ma due giorni prima ci ho trainato col vivo senza sentire manco una toccata... C'è un bel levante che mi fa scarrocciare a circa mezzo nodo; faccio un paio di calate con uno yamashita affusolato da 110 grammi che scende benissimo ma non mi ispira nelle reazioni; istintivamente preferisco i jig un po' larghi che sfarfallino un po'; monto un quicker slim da 130 grammi; è più faticoso da lavorare e forse eccessivo per i 30-40 metri, ma mi ispira quello e tant'è... Comincio con la serie di calate e recuperi, cercando di imitare l'azione che ho visto nei filmati giapponesi, il levante spinge fuori dalla cigliata e stranamente e contrariamente al solito ed alla logica mi metto spalle al vento e lancio avanti per ritrovarmi sulla verticale al momento dell'inizio del recupero; una cosa l'ho imparata facendomi le ossa coi surelli e gli altri pescetti: non appena il jig tocca il fondo bisogna immediatamente iniziare il recupero, come se l'inganno rimbalzasse sul fondo: i pesci probabilmente lo seguono in discesa con curiosità e magari interpretano quella repentina inversione di direzione come un tentativo di fuga convincendosi all'attacco. Intanto controllo l'eco e osservo un fatto inquietante: le marcature dei pesci hanno un andamento che per un tratto accompagna la traccia lasciata del jig; ora, il bello dell'eco è che, essendo interpretabile, almeno ci fa sognare e a me piaceva pensare che fossero pesci che inseguivano il mio jig non decidendosi all'attacco... tanto, sognare non costa nulla... Io non so come capiti a voi, ma certe esperienze, a forza di immaginarle, desiderarle, visualizzarle, è come se si fossero già vissute; i filmati dei giapponesi forsennati, il sibilo del tracciato negli anelli, il cimino della canna ingoiato dal mare... L'attacco del grosso pesce sul jig è un'esperianza devastante ed allucinante; pur essendo atteso, sognato, immaginato, prefigurato, previsto, pronosticato ...adesso, ...adesso, ...adesso, è imprevedibile, improvviso, esagerato, sproporzionato, un risveglio traumatico, un'esplosione, un attentato, interamente comprensibile solo in flashback, repentino al cronometro, lento nella mente, statico nella memoria, una lesione cerebrale che la TAC rivelerebbe a forma di canna inflessa... A spinning, l'attacco in superficie è emozionante, quello obliquo ti dà la botta; quello verticale ti trasforma, ti stordisce, ti trasporta in un'altra dimensione, credi che il diavolo ti voglia trascinare all'inferno, che se non sarai tu a sollevare il pesce sarà lui a trascinarti nell'abisso; sei tentato di lasciarlo andare, di porre subito fine a quella che sai già sarà un'esperienza stressante e dall'esito incerto, ti penti di avere iniziato quella sfida; grazie al lumicino di ragione che ti rimane, la paura che guadagni il fondo ti impedisce di togliere la mano dalla bobina per frenarne le fughe imperiose; realizzi che non è un sogno, che non è immaginazione, non è un filmato; allora dai ritmo alle pompate che scandiscono un tempo dilatato, le accompagni con grugniti, versi selvaggi, gorgoglii; durante le fughe piagnucoli; quando lui prende fiato gioisci vanamente: è mio, poi tutto ricomincia.
pagaroNon lo vedo fino all'ultimo perché, essendomi messo al contrario rispetto allo scarroccio, ce l'ho sotto il gommone; quando lo incoppo non credo ai miei occhi... un parago.

"one man, one rod, one lure": il vertical jigging, ultima frontiera dello spinning in mare, apre nuovi orizzonti scatenando l'aggressività anche di predatori occasionali come il parago, che non riesce a controllare il proprio caratteraccio al cospetto di un "pezzo di metallo" sapientemente animato

Versi, versacci, saltelli, singhiozzi, gongolii, un brodo di giuggiole, il cielo con un dito, WOW, YAHOO, mi faccio le foto da solo, provo con la lente addizionale che mi acromegalizza rovinandole, telefono a mio fratello che mi risponde con la voce da riunione di lavoro: - parago a jigging... - e vai, davvero? - Grande? - Enorme, sarà sei kili... - ma cos'e'maccusu... mah... Sarà vera gloria o è stato un colossale colpo di fortuna? La risposta non si farà attendere. Nel frattempo mi sono preso paura, ho sostituito il trecciato da trenta libbre con quello da cinquanta ed eliminato il moschettone; al multifibra normalmente collego un terminale in fluorocarbon da sei-sette metri con l'ormai classica giunzione costituita dalla doppiatura col bimini twist (60-70 spire per il tracciato) sulla quale eseguo un bristol ad otto spire; l'assist hook è un generoso 9/0 SJ-41 della owner legato in modo che gli esuberi di qualche centimetro di kevlar sfrangiato facciano da dressing all'amo...

IL BIS

Torno sul luogo del delitto; alla prima cala mi sembra di sentire una toccata; sarà l'immaginazione sensibilizzata dell'esperienza precedente, o la lesione cerebrale che mi fa avere allucinazioni tattili; poi accade di nuovo, pensavo di aver già provato il massimo: no, questo è di più; mi sarei baciato da solo per avere cambiato trecciato ma non ne ho il tempo... no, questo non lo tengo... chiudo gli occhi e piagnucolo, il diavolo è incontenibile; in una visione lo percepisco ad un millimetro dalla roccia e blocco la bobina con la mano, lo fermo, mezza caranxina è in acqua; la lamiglas NZ7M, è una grande cannetta da spinning pesante ma, pur modificata per il jigging, sembra Davide contro Golia; il guidafilo del mitchell alu 298 è schiacciato contro la bobina, i nodi stridono ma tengono, il cuore forse no, millimetro dopo millimetro gli giro la testa, fa finta di venire un po' per riprendere forza; poi riparte; il sibilo del tracciato negli anelli è una musica che ho imparato a memoria dai filmati giapponesi e che ora suona dal vivo per me; ormai sono anch'io giapponese, sono una macchina, un automa, ora schiavo del diavolo dall'atra parte del filo, ora suo padrone; quante fughe? Boh, ho quaranta metri sotto e mi sembra che me ne abbia preso ottanta; tutto si amplifica, si deforma, si confonde, si mescola, le nostre forze, i sibili, i lamenti, le immagini, i sapori, gli odori del mare, del grasso del mulinello che sublima, della vittoria, dell'incertezza, della sconfitta; adesso voglio fare il togo, prendo la macchina fotografica con una mano mentre con l'altra tengo la canna, che cavolo vorrò fare... il demonio capisce e si avventa contro di me allentando la trazione, ... o Massimo (ormai parlo anche da solo), così si perdono i pesci; recupero la situazione e mi chiedo quanto cavolo può essere grosso un parago, visto che questo è più grande e combattivo dell'altro; invece è un dentice, di taglia sopra la media, quasi otto kili; è troppo...; ancora caldo, madido di sudore, apprapuddando il telefono con le mani "..... di dentice" chiamo Stefano e gli ordino la canna da Jigging, la lamiglas da trenta libbre; lo avevo preannunciato a lui e a Nicola: dopo il primo dentice mi compro la canna giusta; non gli racconto nulla, non posso, sono troppo emozionato...
foto di Diletta"Diletta, per emulare nonno e papà, si impratichisce con lo "short jerk underarm": quale tecnica migliore del jigging col sabiki per una bambina di quattro anni che voglia fare le prime esperienze di pesca autonome?

Ormai sono convinto, è tutto vero, funziona; non sempre certo, come per tutte le tecniche rivolte ai grossi predatori, ma funziona; verranno giornate più o meno entusiasmanti, di prove, in posti nuovi, con artificiali diversi e differenti stili di recupero; attacchi a vuoto, un altro parago, bei barracuda, altri dentici, sempre di taglia, finalmente la prima ricciola; i miei fratelli che, dopo essersi fatti un po' le ossa ad aragne, prendono bei pagelli (parlo di pezzi da due chili e mezzo!), ma torniamo un attimo indietro: e babbo? Babbo ...una volta mi disse: lo sai qual è la differenza fra l'uomo e la donna? Che se l'uomo vuole andare e la donna no, non si va, se la donna vuole andare e l'uomo no, si va: e quindi, ai primi di settembre, è diligentemente ed incongruentemente in crociera nei freddi mari del nord; ora babbo è rientrato, ...ha ascoltato i racconti, ...visto le foto, gli si è accesa la spia, ovvero la lucetta negli occhi che significa: qui bisogna ristabilire le gerarchie... Dopo giorni di mareggiata il mare è ancora grosso, ma il vento è debole e tra un temporale e l'altro fa capolino il sole; sono già le undici ma il VJ non richiede particolari preparativi: babbo, usciamo? Usciamo; le onde lunghe ci sovrastano ma il desiderio ancor di più, è domenica ma siamo praticamente soli in mare, solo una grave malattia ti porta in mare con quelle condizioni; secondo me la torbidezza dovuta alle mareggiate è un vantaggio; comincio la prima passata prendendola un po' alla larga per capire la direzione dello scarroccio, imprevedibile con quel mare, babbo acchiappa un paio di aragne, che io considero sempre bene auguranti (questione di precedenti); io manco bagno il jig, risparmio le forze per fondali più promettenti; valutata la direzione dello scarroccio imposto la passata successiva che riesce perfettamente, proprio a ridosso della cigliata; manco l'ombra di una pinna, neanche sull'eco; alla terza passata babbo proferisce timidamente, ahiò ad aragne, che ci divertiamo...; ed io: abbi fede... andiamo a caccia: comincio a perlustrare zone sempre più ampie quando becco i pesci: eccoli!!! Calcolo il sopravvento per capitarci sopra in scarroccio coi jigs a fondo, che forse è la cosa più complicata del VJ; osservo mio padre che, al contrario di me che jiggo in puro stile giapponese praticando, credo, uno speed short jerk underarm, ha un modo tutto suo di invitare il pesce all'attacco, probabilmente si tratta del nascente stile sardo "ghetta su jiggi e akkui sa manu"; tradotto in musica era come se io suonassi una tekno a ritmo sostenuto e lui un brioso "Americano a Parigi"; evidentemente là sotto, il dentice, data anche la veneranda età, preferisce Gershwin: non so se mi sia arrivato prima il richiamo di mio padre o lo stimolo visivo, amplificato dal mio astigmatismo che, nella occhialuta visione laterale, fa miracoli di curvatura; o forse, veramente, la flessione dalla canna di mio padre era incredibile; la scena che mi si presenta è tragicomica: canna a semicerchio, sibilo di tracciato come sottofondo e babbo che vanamente cerca di infilare la canna nel bicchierino della pancera trafiggendosi ripetutamente la pancia; cerco di aiutarlo e finalmente la canna è in posizione; babbo flemmatico dice: non si ferma; gli stringo io la frizione perché lui deve tenere la canna con due mani; poi mi spavento davvero: babbo blocca la bobina con la mano per impedire al mostro di guadagnare il fondo mentre il guidafilo si trova in posizione laterale, vedo il mulinello torcersi rispetto al proprio piede in modo innaturale; sono sicuro che se non l'avessi afferrato a due mani per tenerlo in asse sarebbe stato divelto dalla canna; mettetevi nei miei panni, gli ho dato una canna da 10 dollari su ebay, un daiwa samurai 4000, ultimo grido (di paura) per il jigging tosto; i nodi li ho fatti io, la malattia gliela ho contagiata io...; comincio a vedere i fantasmi; precauzionalmente accendo il motore, in caso ci fosse bisogno di allontanarsi visto che lo scarroccio ci portava verso terra; forse sarebbe stato facile dargli una botta di motore in obliquo ma non ci penso neanche, dai 45 metri siamo scesi a 35 ma anche babbo ha recuperato un po' di acqua; adesso, ogni volta che frena la bobina tiene anche il mulinello, non si sa mai; quando può pompa, quando non può subisce, recitando la litania dei non porir'essi, ma cos'e'maccusu; per distrarmi prendo la macchina fotografica e documento; l'azione di pompaggio è un po' più regolare e comincio a fremere; ma ormai vediamo i primi bagliori; mollo la macchina fotografica, non è il momento di fare fesserie; una volta, babbo, con in canna una ricciola che volevo fotografare nel momento topico, perse talmente la pazienza che, nel gridare "IL RAFFIO" non mi chiamò Massimo, ma Elvio (il suo abituale compagno di pesca): era tanto incavolato che neanche mi riconosceva; finalmente arriva, imponenete, gobbo, sdentato come i vecchi dentici, giustamente e gerarchicamente più grosso del mio; nonostante la mole scelgo il coppo, non lo voglio bucare; una volta dentro ce lo teniamo almeno cinque minuti, per ammirarlo e fotografarlo;
Dentice 9kgCon questo "denticiotto" di quasi 9 kg babbo ristabilisce momentaneamente le gerarchie in famiglia - il vertical jigging, pur essendo una tecnica del tutto aliena alla nostra tradizione alieutica, può essere facilmente assimilabile da chi ha affinato, in una vita di passione per la pesca, il proprio senso dell'acqua

Celiando gli dico: Ba', vuoi andare ancora, ad aragne? e lui, serio: andiamo, perché no... È proprio incorreggibile.

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