Profonde emozioni: la pesca secondo Massimo Sanna - www.ambermax.it
n°2: Amberj Day
Ci siamo lasciati, qualche mese fa, nel bel mezzo della fase acuta di questa nuova malattia alieutica, estremamente contagiosa, che nella sua attuale mutazione di origine giapponese è nota come Vertical Jigging. La sindrome, che si manifesta con ore ed ore di delirium jerkiens saltuariamente interrotte da crisi acute e liberatorie di orgasmus recuperandi, colpisce prevalentemente due tipi di pescatore particolarmente predisposti: gli spinner salsi e i trainisti col vivo; i primi per il fatto che il VJ è da considerarsi, lancio escluso, una variante della loro tecnica preferita, i secondi per la dimestichezza e la predilezione verso le prede più caratterizzanti il VJ nel mediterraneo, dentici e ricciole. Nulla di strano quindi che un eterogeneo gruppo di quindici esponenti di ambedue le categorie, compreso qualcuno militante in entrambe come il sottoscritto, provenienti dal Lazio, dalla Campania oltre che dalla Sardegna, si sia ritrovato a condividere esperienze e culture alieutiche diverse fondendole, come vedremo, in un'unica emozione. Mi viene più facile ricordarne, piuttosto che i veri nomi, i nickname che usano nei vari forum di pesca ai quali sono iscritti o i soprannomi che si sono guadagnati durante la giornata: Maz58 e Sardus gli organizzatori e poi, in ordine alfabetico, Amarezza (Alessio), Ambermax (cioè io), Amed, Freestex, Kahuna, Keoma, Lello, Massimo alias Il Tenutario, Michele, Pamela (Angelo), Romolo753, Trolling, Zugu, divisi in due barche da 6 e 11 metri.
Vi dico subito che i reduci dall'avventura si sono ritrovati a vivere il "dopo" come se fossero stati accomunati da un'unica esperienza collettiva sul genere incontri ravvicinati del terzo tipo o apparizioni miracolose varie. Anche per questo forse il report arriva con un mese di ritardo; redatto a caldo sarebbe stato più un susseguirsi di ceeeh, miiih, a condire la levitazione del numero e della dimensione dei pesci nella più classica tradizione piscatoria. Stefano e Pietrangelo, valenti trainisti nonchè titolari della Sardegna Biggame ASD, charter e scuola di pesca, nulla potevano pensare di meglio che organizzare un'uscita di Vertical Jigging, la tecnica del momento, per promuovere e far conoscere la loro attività. Perchè i trainisti col vivo rappresentano la categoria di pescatori che probabilmente ha ottenuto e sta ottenendo i migliori risultati con questa tecnica cugina dello spinning? Perchè fondamentalmente conoscono meglio di altri le abitudini, i comportamenti e soprattutto i posti dove trovare dentici e ricciole. Stefano e Pietrangelo i posti li conoscevano; non avevano mai "jiggato" ma sapevano dove portarci. E pensare che quando il secondo mi telefonò esponendomi l'idea pensai subito ad una bella giornata fra amici, al gran cazzeggio, con la questione pesca solo come scusa, come motivo di riunione, una specie di miniraduno di quelli che si organizzano ogni tanto fra iscritti ai forum tematici, che nel caso della pesca tradizione ad un inesorabile maxi cappotto collettivo.
Vi dico subito che i reduci dall'avventura si sono ritrovati a vivere il "dopo" come se fossero stati accomunati da un'unica esperienza collettiva sul genere incontri ravvicinati del terzo tipo o apparizioni miracolose varie. Anche per questo forse il report arriva con un mese di ritardo; redatto a caldo sarebbe stato più un susseguirsi di ceeeh, miiih, a condire la levitazione del numero e della dimensione dei pesci nella più classica tradizione piscatoria. Stefano e Pietrangelo, valenti trainisti nonchè titolari della Sardegna Biggame ASD, charter e scuola di pesca, nulla potevano pensare di meglio che organizzare un'uscita di Vertical Jigging, la tecnica del momento, per promuovere e far conoscere la loro attività. Perchè i trainisti col vivo rappresentano la categoria di pescatori che probabilmente ha ottenuto e sta ottenendo i migliori risultati con questa tecnica cugina dello spinning? Perchè fondamentalmente conoscono meglio di altri le abitudini, i comportamenti e soprattutto i posti dove trovare dentici e ricciole. Stefano e Pietrangelo i posti li conoscevano; non avevano mai "jiggato" ma sapevano dove portarci. E pensare che quando il secondo mi telefonò esponendomi l'idea pensai subito ad una bella giornata fra amici, al gran cazzeggio, con la questione pesca solo come scusa, come motivo di riunione, una specie di miniraduno di quelli che si organizzano ogni tanto fra iscritti ai forum tematici, che nel caso della pesca tradizione ad un inesorabile maxi cappotto collettivo.
Unica piccola variante personale era che mentre ai raduni di spinning, da buon neofita, potevo tenere un basso profilo, in questo caso Pietrangelo continuava a menarmela con: "tu sei il nostro esperto, sei la nostra punta di diamante ecc..."; insomma si profilava all'orizzonte una bella figuraccia da parte dell'esperto di turno, essendo che le migliori performance a pesca le ho sempre realizzate in solitario, probabilmente perché riesco a trovare la giusta concentrazione; a VJ la concentrazione è obbligatoria; figuriamoci in undici sulla barca con la voglia anche di conoscerci e chiacchierare, senza avere sottocchio il mio eco, la mia posizione in gommone dove tutto mi viene automatico, senza poter decidere quando e dove rimontare, senza conoscere i posti; non posso dire che su questo ultimo punto Pietrangelo e Stefano siano stati carenti; diciamo che un bel dieci cum laude in pagella se lo sono proprio meritato. Ma questo non lo avremmo scoperto subito; infatti la giornata inizia con la classica flemma delle belle giornate in mare fra amici, nessuna frenesia nel preparare le attrezzature, scambi di opinione compassati, curiosità per le attrezzature, insomma clima rilassato, anche se ognuno in cuor suo, spera nel colpaccio; si perché il vero vertical jigging è così, ore ed ore di "jerking" insensato, in un allucinato trance sussultorio finchè, quando ormai non si sentono più le braccia, la mente comincia a vacillare ingoiata in un tunnel senza uscita, ecco la luce, non rassicurante e liberatoria, ma lampo accecante, flash che annichilisce e proietta nel precipizio di un'affannosa lotta corpo a corpo, che per un verso, vorresti concludere subito ma nella quale masochisticamente stuzzichi il pesce a dare il massimo, lo aizzi come un banderillero fa col toro, strattonandolo se tenta di girare la testa, impuntandoti quando lui si impunta…; è un peccato che con molti dei partecipanti non si sia parlato prima, non li si sia potuti preparare a cosa avrebbero potuto trovare; molti erano abituati ad una forma light del jigging, pesca di fioretto e pompaggi in punta di dita, fughe a mezzacqua da contrastare con delicatezza; il vero vertical è machete, non fioretto, brutale non misurato. Ma la giornata stenta a decollare; le prime prove in alcuni punti da dentici sono sconfortanti quindi normali; dal fatto che chiacchiero molto e sento la fatica, e a jigging se ne fa eccome, desumo di essere molto motivato socialmente e poco alieuticamente; se ti accorgi della fatica vuol dire che stai pescando senza la giusta cattiveria. Però sono contento, sono in mare, insieme ad amici vecchi e nuovi, tutti in gamba e con la stessa luce negli occhi.
"Ma ecco la svolta: telefonata da parte di Stefano dal suo Robalo (noi siamo con Pietrangelo sul Puma da 11 metri): ALLARME RICCIOLE!!! (come scopriremo poi, i fedifraghi, che avevano l'eco in funzione mentre il nostro era guasto, ci chiamavano sempre solo dopo che ne avevano almeno tre in canna ....).
Via, in posizione, la barca ancora in moto e tutti giù, jig in acqua; calandomi con un po' di narcisismo nella parte dell'esperto dicevo loro: aspettate che si fermi, così si allungano le lenze e ci incrociamo…; no, troppa foga; pazienza, a costo di arrivare in ritardo sul fondo io aspettavo che la barca si stabilizzasse e riuscivo a mettermi sulla verticale, che è una delle regole fondamentali di questa tecnica; a mio parere, pescando obliqui, il potere attrattivo del jig è decisamente minore, più vicino ad una classica azione da spinning, che si sa non essere molto efficace con le ricciole di taglia.
Ed infatti le prime ricciolotte che arrivano mi preoccupano, forse sui 3 kg o poco più, siamo sotto il target del Vertical jigging che, per come la vedo io, si rivolge a prede almeno dai sei chili in su; scambio un'occhiata perplessa e densa di preoccupazione con Massimo col quale ci capiamo subito: sul forum di Seaspin avevamo proprio discusso a lungo sul pericolo che il vertical jigging, in particolari condizioni, possa portare a delle autentiche stragi; la conclusione era stata che questo poteva accadere principalmente nella sua forma leggera, mirata a piccoli pelagici…; la paura era di trovarci in quella situazione, consci che sarebbe stato impossibile fermare la macchina in corsa. Non solo i pesci vanno in frenesia…
"Jiggo" poco convinto, poco motivato; cerco di costruirmi un ragionamento positivo: sotto le ricciole piccole stanno le grosse (ormai sembra questa una cognizione assodata) le piccole si fanno avanti per prime, avventandosi con foga sulle esche; qualche idea su come cercare di selezionare la taglia ce l'ho, in ogni caso armo dei jig abbastanza grossi e pesanti; infatti resto indietro; si possono già contare quattro o cinque ricciole per ogni barca, le piccole riacquistano la libertà senza neanche il tempo per una foto; Romolo753 ne ha già preso due da solo; lo sapevo, non mi ritrovo nella bagarre… ma ecco: Michele affianco a me "LA" aggancia, anche lui sul VJ ha la mia idea: approccio brutale; la lamiglas TP5650JS, la 50lb disegna un arco asimmetrico, data l'azione progressiva, il cimino è allineato in verticale col trecciato, a sfiorare l'acqua; è grossa, finalmente; è una scossa che mi sveglia dal torpore; si è chiuso l'interruttore della concentrazione, della sintonia con l'attrezzatura, divento ipersensibile, da quel momento, col trascorrere delle ore sentirò aumentare le vibrazioni del jig, come se lungo il trecciato corresse una terminazione nervosa; celiando, agli amici che mi apostrofavano, specialmente quando "chiamavo" la cattura anticipandola, rispondevo: "ho la linea laterale"; la verità è che in certi momenti potevo percepire la perturbazione intorno al jig causata dalla ricciola che lo scartava all'ultimo momento dopo averlo puntato. Il VJ è emozionante da praticare quanto da vedere (*): Michele contrasta con decisione le fughe della sua ricciola e ne godo anch'io; so che le altre la seguono e che le più grosse stanno perdendo un po' della proverbiale diffidenza, indispettite dal fatto che una loro compagna abbia addentato quel boccone; calo il jig in parallelo alla lenza di Michele; so che le ricciole saranno indecise se continuare a seguire la compagna o il nuovo intruso in discesa; quasi non gli do tempo di toccare il fondo ed inizio il recupero ritmato in short jerking, resisto alla tentazione di eseguirlo troppo rapido, come quando si deve eccitare il pesce svogliato; qui i pesci sono già in frenesia e gli esemplari più grandi sono anche i più pigri; caspita, direte, poco ne sa! Ragazzi, tutte cose che a saperle cercare si trovano sullo Zingarelli (non sul vocabolario, ma sul "verbo" diffuso in rete dall'omonimo ed isapanizzato nipote Nicola alias "caranx" da Madrid); calcolo di aver quasi raggiunto Michele, che lentamente strappa la sua ricciola dal blu quando, puntuale, ecco la botta; la canna fino ad allora oggetto meccanico, semplice leva di terza specie meccanicamente mossa nella speranza di dare al jig ingannevole vita, vibrante ma fredda, improvvisamente si sveglia, si anima di moto proprio, il sangue della lotta comincia a fluire fra le fibre di carbonio donandole vita solo apparentemente autonoma; è invece una marionetta manovrata da un filo; dall'altro capo, il burattinaio, il pinnuto deus ex machina ancora non si rende conto di ciò che accade e lentamente ed inesorabilmente da padrone del gioco diventa vittima inconsapevole, non cosciente del fatto che più lotta più fa il gioco del suo aguzzino; la prima sarà anche la più sfortunata; a fine giornata mi pentirò di averla trattenuta, diversamente dalle otto sorelle che la seguiranno e che riacquisteranno la libertà. Oggi l'emozione più grande è stata quella; le prime ricciole piccole, doverosamente liberate, alcune altre, fra i sei e i sette chili, trattenute in automatico, senza riflettere; poi per le seguenti uno sguardo di intesa, qualche foto, pochi istanti fuori dall'acqua col boga grip e le mani bagnate e di nuovo in mare. Alla fine è stato difficile fare i conti; la prima impressione a caldo, con l'emozione ancora nella testa e nelle gambe a dilatare la realtà, era stata di una sessantina di pesci imbarcati; più realisticamente quarantacinque o cinquanta, trattenuti uno a testa, rilasciato un intero branco, fra cui le più grosse tra i dieci e i dodici chilogrammi. Gli amici del continente, inizialmente impreparati ad una bagarre del genere ed alla combattività delle ricciole che cercano subito il fondo per liberarsi dell'impiccio strofinandosi su rocce e ostacoli, pescavano coi terminali sottili e alle prime prede consistenti hanno spesso dovuto cedere le armi. Per raccontare tutti gli episodi vissuti occorrerebbe l'intera rivista: il pescione intanato di Amed, la prima ricciola di Massimo "estratta" con una cannetta da spigole; la donzella presa a colletto, insieme alla tracina ed al polpo, tutti dichiarati in anticipo, per consolidata tradizione da freestex e puntualmente arrivati… fino alla liberatoria perdita della verginità a jigging, per lui pesante fardello, con una bella ricciola; kahuna, una piovra, due tentacoli per pescare, due per fare le foto, altri due per "bogare" con maestria i pesci agli altri; insomma, devo chiudere, e per farlo mi piace rubare e liberamente interpretare la frase con la quale Massimo ricordava, a caldo, la giornata: "le immagini tornano ancora alla mente come in una proiezione di diapositive", ognuna delle quali, aggiungo, impressionata da un'emozione, canne piegate, una, due cinque, sguardi increduli, euforici, complici, espressioni sofferenti di godimento, trecciati stracciati di netto, i colpi di coda delle ricciole che fanno la capriola nel blu dopo il rilascio. Queste ultime, indelebili, le immagini più belle.
(*) un breve video delle giornata è scaricabile gratuitamente dal sito videospin.it: agli indirizzi, in bassa risoluzione (wmv, 38mb): http://www.videospin.it/amberj.wmv ed in risoluzione normale (mpg2, 450mb):http://www.videospin.it/amberj.mpg
Via, in posizione, la barca ancora in moto e tutti giù, jig in acqua; calandomi con un po' di narcisismo nella parte dell'esperto dicevo loro: aspettate che si fermi, così si allungano le lenze e ci incrociamo…; no, troppa foga; pazienza, a costo di arrivare in ritardo sul fondo io aspettavo che la barca si stabilizzasse e riuscivo a mettermi sulla verticale, che è una delle regole fondamentali di questa tecnica; a mio parere, pescando obliqui, il potere attrattivo del jig è decisamente minore, più vicino ad una classica azione da spinning, che si sa non essere molto efficace con le ricciole di taglia.
Ed infatti le prime ricciolotte che arrivano mi preoccupano, forse sui 3 kg o poco più, siamo sotto il target del Vertical jigging che, per come la vedo io, si rivolge a prede almeno dai sei chili in su; scambio un'occhiata perplessa e densa di preoccupazione con Massimo col quale ci capiamo subito: sul forum di Seaspin avevamo proprio discusso a lungo sul pericolo che il vertical jigging, in particolari condizioni, possa portare a delle autentiche stragi; la conclusione era stata che questo poteva accadere principalmente nella sua forma leggera, mirata a piccoli pelagici…; la paura era di trovarci in quella situazione, consci che sarebbe stato impossibile fermare la macchina in corsa. Non solo i pesci vanno in frenesia…
"Jiggo" poco convinto, poco motivato; cerco di costruirmi un ragionamento positivo: sotto le ricciole piccole stanno le grosse (ormai sembra questa una cognizione assodata) le piccole si fanno avanti per prime, avventandosi con foga sulle esche; qualche idea su come cercare di selezionare la taglia ce l'ho, in ogni caso armo dei jig abbastanza grossi e pesanti; infatti resto indietro; si possono già contare quattro o cinque ricciole per ogni barca, le piccole riacquistano la libertà senza neanche il tempo per una foto; Romolo753 ne ha già preso due da solo; lo sapevo, non mi ritrovo nella bagarre… ma ecco: Michele affianco a me "LA" aggancia, anche lui sul VJ ha la mia idea: approccio brutale; la lamiglas TP5650JS, la 50lb disegna un arco asimmetrico, data l'azione progressiva, il cimino è allineato in verticale col trecciato, a sfiorare l'acqua; è grossa, finalmente; è una scossa che mi sveglia dal torpore; si è chiuso l'interruttore della concentrazione, della sintonia con l'attrezzatura, divento ipersensibile, da quel momento, col trascorrere delle ore sentirò aumentare le vibrazioni del jig, come se lungo il trecciato corresse una terminazione nervosa; celiando, agli amici che mi apostrofavano, specialmente quando "chiamavo" la cattura anticipandola, rispondevo: "ho la linea laterale"; la verità è che in certi momenti potevo percepire la perturbazione intorno al jig causata dalla ricciola che lo scartava all'ultimo momento dopo averlo puntato. Il VJ è emozionante da praticare quanto da vedere (*): Michele contrasta con decisione le fughe della sua ricciola e ne godo anch'io; so che le altre la seguono e che le più grosse stanno perdendo un po' della proverbiale diffidenza, indispettite dal fatto che una loro compagna abbia addentato quel boccone; calo il jig in parallelo alla lenza di Michele; so che le ricciole saranno indecise se continuare a seguire la compagna o il nuovo intruso in discesa; quasi non gli do tempo di toccare il fondo ed inizio il recupero ritmato in short jerking, resisto alla tentazione di eseguirlo troppo rapido, come quando si deve eccitare il pesce svogliato; qui i pesci sono già in frenesia e gli esemplari più grandi sono anche i più pigri; caspita, direte, poco ne sa! Ragazzi, tutte cose che a saperle cercare si trovano sullo Zingarelli (non sul vocabolario, ma sul "verbo" diffuso in rete dall'omonimo ed isapanizzato nipote Nicola alias "caranx" da Madrid); calcolo di aver quasi raggiunto Michele, che lentamente strappa la sua ricciola dal blu quando, puntuale, ecco la botta; la canna fino ad allora oggetto meccanico, semplice leva di terza specie meccanicamente mossa nella speranza di dare al jig ingannevole vita, vibrante ma fredda, improvvisamente si sveglia, si anima di moto proprio, il sangue della lotta comincia a fluire fra le fibre di carbonio donandole vita solo apparentemente autonoma; è invece una marionetta manovrata da un filo; dall'altro capo, il burattinaio, il pinnuto deus ex machina ancora non si rende conto di ciò che accade e lentamente ed inesorabilmente da padrone del gioco diventa vittima inconsapevole, non cosciente del fatto che più lotta più fa il gioco del suo aguzzino; la prima sarà anche la più sfortunata; a fine giornata mi pentirò di averla trattenuta, diversamente dalle otto sorelle che la seguiranno e che riacquisteranno la libertà. Oggi l'emozione più grande è stata quella; le prime ricciole piccole, doverosamente liberate, alcune altre, fra i sei e i sette chili, trattenute in automatico, senza riflettere; poi per le seguenti uno sguardo di intesa, qualche foto, pochi istanti fuori dall'acqua col boga grip e le mani bagnate e di nuovo in mare. Alla fine è stato difficile fare i conti; la prima impressione a caldo, con l'emozione ancora nella testa e nelle gambe a dilatare la realtà, era stata di una sessantina di pesci imbarcati; più realisticamente quarantacinque o cinquanta, trattenuti uno a testa, rilasciato un intero branco, fra cui le più grosse tra i dieci e i dodici chilogrammi. Gli amici del continente, inizialmente impreparati ad una bagarre del genere ed alla combattività delle ricciole che cercano subito il fondo per liberarsi dell'impiccio strofinandosi su rocce e ostacoli, pescavano coi terminali sottili e alle prime prede consistenti hanno spesso dovuto cedere le armi. Per raccontare tutti gli episodi vissuti occorrerebbe l'intera rivista: il pescione intanato di Amed, la prima ricciola di Massimo "estratta" con una cannetta da spigole; la donzella presa a colletto, insieme alla tracina ed al polpo, tutti dichiarati in anticipo, per consolidata tradizione da freestex e puntualmente arrivati… fino alla liberatoria perdita della verginità a jigging, per lui pesante fardello, con una bella ricciola; kahuna, una piovra, due tentacoli per pescare, due per fare le foto, altri due per "bogare" con maestria i pesci agli altri; insomma, devo chiudere, e per farlo mi piace rubare e liberamente interpretare la frase con la quale Massimo ricordava, a caldo, la giornata: "le immagini tornano ancora alla mente come in una proiezione di diapositive", ognuna delle quali, aggiungo, impressionata da un'emozione, canne piegate, una, due cinque, sguardi increduli, euforici, complici, espressioni sofferenti di godimento, trecciati stracciati di netto, i colpi di coda delle ricciole che fanno la capriola nel blu dopo il rilascio. Queste ultime, indelebili, le immagini più belle.
(*) un breve video delle giornata è scaricabile gratuitamente dal sito videospin.it: agli indirizzi, in bassa risoluzione (wmv, 38mb): http://www.videospin.it/amberj.wmv ed in risoluzione normale (mpg2, 450mb):http://www.videospin.it/amberj.mpg
L'emozione del rilascio
Praticare e sostenere il Catch & Release (cattura e rilascio) non è solo indice di raggiunta maturità e sensibilità verso un'impostazione etica della pesca ricreativa, ma diventa un dovere ed una responsabilità quando capitano giornate come quella del racconto, dove possono traformarsi in autentici "bracconieri" anche pescatori normalmente consapevoli e rispettosi delle norme, sia scritte (*) che consigliate dal comune senso della misura, come ad esempio quella di non prelevare più di quanto non si debba mangiare. Il giorno del racconto, sembrava ci si fosse messi d'accordo prima; le ricciole, grandi e piccole, tornavano nel loro ambiente naturale non solo senza rimpianti, ma regalando una soddisfazione ed una emozione paragonabili, se non maggiori, rispetto a quelle legate alla cattura stessa. Se la pesca è, come deve essere, ritorno alle origini ed alla natura umana più vera, in qualche modo legata all'istinto di conservazione, allora è auspicabile ripescare anche il profondo rispetto che l'uomo primitivo aveva per la sua preda, originato dalla riconoscenza per la sopravvivenza. Io non sono un'integralista; andare a pesca solo per rilasciare i pesci lo vedrei come una mancanza di rispetto nei loro confronti, un considerarli solo oggetto di trastullo; però, al di là del fatto di rispettare le norme di legge, perché trattenere più di quanto possiamo portare in tavola, oppure pesci troppo piccoli, o grandi riproduttori che sono anche i meno buoni da mangiare; la ricciola supera i 60 kg e inizia a riprodursi dopo i 20; basti questo a farci riflettere.
(*) la misura minima di legge per la ricciola, in Sardegna, è di 60 cm, mentre in generale ogni pescatore non può trattenere più di 5 kg di pesce o più di un singolo pesce di peso superiore.
(*) la misura minima di legge per la ricciola, in Sardegna, è di 60 cm, mentre in generale ogni pescatore non può trattenere più di 5 kg di pesce o più di un singolo pesce di peso superiore.
La furba ricciola
Si può senz'altro dire che la ricciola di taglia superiore a pochi chilogrammi, fino a ieri era insidiabile in modo sistematico dai pescatori dilettanti solo con l'esca naturale, possibilmente viva, normalmente in traina, meno frequentemente a light drifting. Di esperienze sistematiche con gli artificiali, almeno nei mari italiani, era trapelata solo qualche notizia di catture effettuate presso le piattaforme metanifere in adriatico con particolari minnows trainati a fondo con enormi planner, all'impossibile velocità di 9 nodi. Molti, specialmente fra i trainisti, hanno stentato a lungo a credere che le smaliziatissime ricciole, che spesso snobbano succulenti esche vive perfettamente presentate davanti al loro muso, si avventassero su dei pezzi di metallo che sarebbe velleitario pretendere siano confusi con veri pesci.
LA "Sardegna Biggame ASD, charter e scuola di pesca"
LA "Sardegna Biggame ASD, charter e scuola di pesca" sardegnabiggame@tiscali.it -3881722221-3805229273)
Se questa uscita, nelle intenzioni dei due animatori della "Sardegna Biggame ASD", doveva avere una valenza promozionale, bisogna dire che meglio non potevano esordire; sembrava di essere, invece che in mediterraneo, in qualcuno di quei paradisi tropicali che si vedono su SKY o sulle riviste. In sostanza, qual è la dote che deve avere una buona guida di pesca: portare gli ospiti dove ci sono i pesci e metterli nelle migliori condizioni per pescarli. Da questo punto di vista, Pietrangelo e Stefano mi hanno talmente convinto che credo non sarà l'ultima volta che sarò con loro. Non solo pesci, però. Mi dice Pietrangelo: "Per noi la giornata non è fatta solo per pescare ma, usando una metafora, per essere pescati, l'uscita in mare deve essere un'occasione per essere proiettati a ritroso nel tempo, dove si ritorna bambini, con l'innocenza ed il rispetto per la natura che solo essi possono avere, l'obiettivo non è il carniere ad ogni costo, ma ad esempio godere dell'entusiasmo di chi non ha mai preso un dentice o una ricciola e resta estasiato ad ammirarli. Le uscite sono riservate agli aderenti all'associazione. Il charter ha a disposizione un Robalo col quale è in grado di organizzare giornate di pesca, non solo vertical jigging ma anche traina col vivo, con gli artificiali, anche in altura, bolentino di profondità, drifting ai tonni ed ai pescispada, light drifting alle palamite, pesca ai calamari, ai totani in notturna.
Se questa uscita, nelle intenzioni dei due animatori della "Sardegna Biggame ASD", doveva avere una valenza promozionale, bisogna dire che meglio non potevano esordire; sembrava di essere, invece che in mediterraneo, in qualcuno di quei paradisi tropicali che si vedono su SKY o sulle riviste. In sostanza, qual è la dote che deve avere una buona guida di pesca: portare gli ospiti dove ci sono i pesci e metterli nelle migliori condizioni per pescarli. Da questo punto di vista, Pietrangelo e Stefano mi hanno talmente convinto che credo non sarà l'ultima volta che sarò con loro. Non solo pesci, però. Mi dice Pietrangelo: "Per noi la giornata non è fatta solo per pescare ma, usando una metafora, per essere pescati, l'uscita in mare deve essere un'occasione per essere proiettati a ritroso nel tempo, dove si ritorna bambini, con l'innocenza ed il rispetto per la natura che solo essi possono avere, l'obiettivo non è il carniere ad ogni costo, ma ad esempio godere dell'entusiasmo di chi non ha mai preso un dentice o una ricciola e resta estasiato ad ammirarli. Le uscite sono riservate agli aderenti all'associazione. Il charter ha a disposizione un Robalo col quale è in grado di organizzare giornate di pesca, non solo vertical jigging ma anche traina col vivo, con gli artificiali, anche in altura, bolentino di profondità, drifting ai tonni ed ai pescispada, light drifting alle palamite, pesca ai calamari, ai totani in notturna.