Profonde emozioni: la pesca secondo Massimo Sanna - www.ambermax.it
n°3: Il pesce della vita
Il vertical jigging, nella sua versione medio pesante, è specialità emozionante in quanto si rivolge a prede che nelle nostre acque mediamente oscillano fra i sei e i dodici chilogrammi, senza però un limite superiore ben definito, per cui, chi è ormai malato di questa tecnica, in cuor suo spera sempre di avere all’altro capo del filo il pesce della vita; chi pratica questa pesca con determinazione e perseveranza è destinato a realizzare, prima o poi, come succede per tutte le cose della vita, il proprio sogno.


Che fosse nell’aria o, meglio dire, nell’acqua, lo sentivo; non era solo un presentimento era la sicurezza che prima o poi sarebbe successo. Poi c’era la sfida lanciata da Stefano, (freestex sul forum di seaspin, ritrovo virtuale di molti fulminati del Vertical Jigging di tutta Italia) che aveva estratto strameritatamente lo jolly con una ricciolona da 35 kg. Avevo gioito con Stefano, perché avevo vissuto con lui parte della sua evoluzione nella ricerca di un Jerking efficace, mai fermandosi al movimento più naturale per lui, lo avevo visto sereno in occasione di cocenti cappotti, quando avevamo pareggiato nella sfida della perseveranza e della pervicacia, anche se la sua aveva più valore perché non confortata ed alimentata da incoraggianti catture. Trentacinque chili, è una taglia, se si parla di ricciola, che nella mia vita alieutica ha un significato speciale; è la più grande che abbia mai preso, a traina; è la taglia che avevo stimato per la bestia che da ragazzino mi spezzò l’asta del fucile subacqueo come fosse un fuscello, strusciandosi sulle rocce… una specie di trauma giovanile che mi portò in seguito a cercare la grande ricciola con la tecnica sportiva che fino a ieri era l’unica conosciuta, la traina col vivo; ed ora era il mio obiettivo a jigging. Quando ho visto la canna di mio fratello piegarsi, proiettarsi verso il basso senza possibilità di essere trattenuta o sollevata, la sua mano bruciarsi nel tentativo di frenare la bobina del mulinello, la lenza uscire dalla verticale per fuggire in avanti, l’ho capito, era lei.
pesca Determinazione e perseveranza

Sembra sempre tutto facile, una volta realizzato… qualunque obiettivo, nella vita è raggiungibile con la determinazione e la perseveranza, ma è comunque, specie se si tratta di un evento puntuale ed unico, sempre conseguente ad una concatenazione di elementi di eventi e di tempi; procediamo quindi con ordine, se così si può dire. Come la solito io e mio fratello Andrea, quando si tratta di pesca, siamo mattinieri, per cui Domenica, bella giornata, infogati dalla bella pescata di sabato sera, che in un posto sconosciuto ci aveva regalato un bel dentice e, per la prima volta, una cernia alessandrina, stimolati dalla voglia di esplorare nuovi posti ancora, ansiosi di mettere alla prova il nuovo mega ecoscandaglio furuno fcv 585… all’una e trenta, “or’e prandi” nelle case normali, un record per noi, siamo in acqua; le scuse ci sono, non trovavo i coltelli per sfilettare (l’ottimismo a VJ è fondamentale), avevamo beccato l’autocolonna militare, avevamo fatto gli ultimi chilometri con un cuscinetto del carrello rotto … ma siccome ad ogni uscita faccio almeno un danno sono tranquillo, quello di oggi è già fatto… anzi no, schiaccio con la macchina anche il portatarga del carrello, va beh, finalmente in mare, installo il gps, finalmente l’eco… finalmente un cavolo; ho dimenticato a casa la vite di fissaggio; rientriamo in porto; mi sto cominciando ad scocciare, anzi no, trovo un amico, un bullone da otto, due rondelle… rettifica sull’orario di partenza, le due e passa… già siamo nella normalità, addio record. Dove andiamo? Dove ieri? No, posti nuovi. Il Furuno è una bomba, a 22 nodi legge il fondo e vede i pesci come fosse fermo. La tentazione di fermarsi ad ogni salto di fondale e ad ogni palla di pesce è alta ma cediamo solo una volta, per un sondaggio frettoloso, poi via verso un punto che sulla carta sembra promettente; effettivamente un bel salto di fondale porta dai 70 ai 55 metri in un paio di gradoni; si comincia; qualche tentativo sui punti più interessanti, naturalmente tutto tace; poi mi intestardisco su una passata che mi ispira; ci metto un po’ ad orientare lo scarroccio, visto che la corrente contraria ci spinge contro vento, un casino, il gommone ruota come vuole lui… siamo quasi scoraggiati e già stiamo pensando di tornare sul punto scoperto sabato quando mi arriva la prima botta… cilecca, uff… sull’esperienza di sabato, dove con lo stesso jig avevo beccato il dentice in caduta, glielo rilancio e di nuovo lo acchiappo, di nuovo in discesa, il secondo in due giorni; il problema sugli attacchi in caduta è valutare quale sia il momento buono per ferrare, perché il pesce se ne va lentamente col jig in bocca e potrebbe risputarlo in seguito ad una ferrata troppo precoce; azzecco il momento anche questa volta; evidentemente questo nuovo jig river2sea, un prototipo che ancora non ha nome e che avevo il compito di testare, per effetto del baricentro alto, ha un’attrattiva eccellente in caduta; è dentice; lo forzo per provare la mia nuova cannetta, una custom su grezzo lamiglas TP 50 lb da 4’ e 10”, e gli slabbro un po’ il punto di infissione dell’amo; a circa un metro dalla superficie forse gli esplode la vescica perché scompare in una nuvola di bollicine; poi impertinentemente si slama ed Andrea, irridente, lo incoppa al volo… oggi lo vedo reattivo…
Ricciola Buoni auspici

Si avvicinano degli amici con la loro barca e fra loro c’è Alberto, forse il più forte pescatore di grosse ricciole della zona; lo considero un buon auspicio perché ogni volta che lo incontro in mare becco un pesce da record, due settimane prima dopo averlo incrociato un dentice da 11 kg, qualche anno prima c’era lui il giorno del mio record personale a traina, la già citata ricciola da 35 kg. Intanto il dentice ci ha ridato l’entusiasmo; rimontiamo, questa passata ci ha soddisfatto, anche valutando le indicazioni dell’ecoscandaglio, forse la cattura non è stata occasionale; anche Andrea sta testando un river2sea ancora poco diffuso, lo “zero dropper”, inaugurato sabato con la cernia; Andrea continua a ripetere, confrontandolo con altri, che ha un movimento diverso, poco faticoso, che lo ispira. Il bello che non ispira solo lui… infatti come in una scena provata e riprovata nella fantasia…mi vedo il fratello ruotare rigidamente insiame alla canna verso l’acqua… con la frizione che canta impazzita… “bloccala con la mano…” gli grido… ma se la brucia… e non riesce manco a rallentarla… non è dentice, non è cernia, è lei; la canna è una lamiglas TP 30 libbre “incidentata” e destinata al recupero degli anelli, poi invece rattoppata con un vettino in vetroresina, di quelli da bolentino; intimo ad Andrea di non alzarla troppo, e glielo grido ogni volta che sembra dimanticarsene; accendo il motore per sicurezza e per posizionare il gommone sempre di mascone rispetto al pesce, che inizialmente rifiuta qualsiasi trattamento; ma noi siamo per l’accanimento terapeutico; quando si calma un po’, Andrea accenna a qualche timida pompata che la fa regolarmente imbestialire e ripartire, ora in avanti, ora indietro, sotto il gommone …calma; quando punta sotto il gommone; col motore eseguo delle mezze veroniche con l’intento di attaccare il pesce di lato e sbilanciarne le fughe; mi godo il combattimento senza faticare, un’esperienza bellissima, anche se lo stress è alto, specie quando Andrea blocca la bobina con la mano e trattiene la bestia con la canna dentro l’acqua, quasi allineata col filo, ho paura che la carichi troppo o che la faccia imbufalire ancor di più, inducendola a cercare il fondo; mi sento quasi ridicolo quando gli dico, sapendo che attrezzatura ha, di esercitare un’azione non superiore a 5 o 6 chili al massimo; e quanto cavolo sono 5 o 6 chili mi dice con un sorriso sarcastico sulle labbra… non finisce la frase che il sorriso se lo rimangia subito: “si è bloccato il mulinello”, purtroppo ha un Nautil 7500 col carter in plastica… mai più… gli afferro il rotore mentre lui controlla l’ennesima fuga e lo ruoto in senso contrario; sbloccato…; ora prego solo di vedere al più presto il terminale dentro, un 70lb, male che vada lo tiriamo a mano; ma è ancora presto; il godimento puro stà diventando fatica, stress, quando la sente cedere, sarà passato un quarto d’ora che è sembrato un’eternità; comincia a pomparla deciso e mi dice: “è mort…” e riparte per l’ultima fuga, forse, si è l’ultima; lenta sale, il terminale è dentro ed un po’ mi rilasso, come previsto si spaventa alla vista della barca…: “tieni dentro il terminale!!!” aiuto Andrea e la sua canna, più psicologicamente che praticamente tenendo in mano il terminale, con l’idea di fare qualcosa per posizionarmi al meglio il pesce per la raffiata.
Ricciola Il pesce della vita

A traina, con la barca in moto, è più facile, si fa scorrere il pesce di fianco e zac…; in verticale, è un pasticcio. La ricciola sale con traiettorie circolari, col rischio che si possa slamare mandando in bando la lenza; è un mostro, è quasi su, resisto alla tentazione di raffiarla lontano dalla superficie, spiego ad Andrea come voglio che me la faccia sfilare e le piazzo il raffio sotto; aspetto che la punta sia all’altezza delle pettorali, dove si buca facilmente ma è resistente alla lacerazione; ho quasi un’incertezza, non so se sia perché ancora non ci credo o perché la vedo bellissima, mentre mi guarda con l’enorme occhio bovino; distolgo lo sguardo se no non la raffio più; affondo l‘uncino con un gesto deciso e la tiro su bilanciandola col peso del mio corpo; rimane in equilibrio sul tubolare ed è accolta da un doppio grido liberatorio…; chissà perché quando si prende un pesce del genere il primo commento a parole, dopo le grida, i versi, le pacche è sempre: “ceee, è un bambino, un bambino…” quanto sarà? Trenta, trentacinque chili, non riesco a valutare bene perchè è tozza e rotonda… alla bilancia risulterà 35 e virgole… la tradizione è rispettata, il record di famiglia, come quello di seaspin, eguagliati.